“I «Quartieri», a Napoli, sono tutti i vicoli che da Toledo si dirigono sgroppando verso la città alta. Vi formicolano i gatti e la gente; incalcolabile è il loro contenuto di festini nuziali, di malattie ereditarie, di ladri, di strozzini, di avvocati, di monache, di onesti artigiani, di case equivoche, di coltellate, di botteghini del lotto: Dio creò insomma i «Quartieri» per sentirvisi lodato e offeso il maggior numero di volte nel minore spazio possibile.“
Tutti i colori di un quartiere in ripresa
Agosto 2020 * Lara Branchi *
Così lo scrittore e sceneggiatore Giuseppe Marotta descrive i Quartieri Spagnoli di Napoli, nati nel ‘500 durante il controllo del sud Italia da parte del Regno d’Aragona.
Nel 1503 Gonzalo Fernández de Córdoba diventa viceré di Napoli e la corona di Spagna integra nei suoi territori il regno di Napoli per ben due secoli.
Negli anni ’30 del '500 durante il governo del viceré Don Pedro de Toledo nasce l’omonima via Toledo la via che separa il luogo destinato ai conquistatori iberici i Quartieri Spagnoli.
Il quartiere serve appunto alla sistemazione dei soldati che vengono messi a difesa della città e della popolazione, costruiti ad impianto ortogonale, divennero ben presto la casa di prostitute e malviventi, luogo di delitti e soprusi e per diverso tempo è rimasto così… stretto ed impenetrabile rinchiuso in quelle fitte stradine, in quel carattere chiuso della sua esistenza.
Oggi in gran parte bonificati i quartieri offrono uno sguardo diverso sulla città, tra bucati stesi che danno un tocco di colore, in mezzo a strette palazzine che neanche il sole riesce a riscaldare sfrecciano motorini e si aprono alla vista del turista più curioso botteghe che portano avanti le tradizioni di una città che sembra non fermarsi mai, piccoli ristoranti che offrono piatti genuini e tradizionali, sono andati a sostituirsi a quelli che un tempo erano gli ambulanti, i venditori di strada, ricordo di mestieri antichi ora tramandati nella memoria di chi ancora vive questi luoghi.
Tra questi va sicuramente ricordato ‘o broro ‘e purpo era il venditore ambulante del brodo di polpo che allietava e riscaldava il cuore nei napoletani, una pausa caffè in versione antica.
Altra figura simbolo di una Napoli oramai dimenticata era ‘o purmone pe ‘e jatte era il venditore anzi molto spesso la venditrice di cibo per cani e gatti il nostro servizio a domicilio moderno ma per i piccoli animali domestici,
E per ultimo ma non meno importante la versione a domicilio dei nostri moderni parrucchieri, ‘a capera una acconciatrice domestica a metà strada da confidente e fattucchiera.
Ma cosa vedere girando per questi quartieri? Ci viene offerta la possibilità di conoscere la vera Napoli, e tra leggende di fantasmi e fatti realmente accaduti mi hanno raccontato la storia del vicoletto della tofa e le scale della morte… siamo nel bel mezzo della seconda guerra mondiale e Napoli è sotto un devastante bombardamento, (si dice sia stata una delle città più bombardata) gente che scappa, corre, edifici che letteralmente vengono sventrati, sbriciolati, le sirene che suonano, il panico percorre ogni via, ogni casa, la gente ha paura, i bimbi piangono…e poi…finalmente il silenzio, un silenzio agghiacciante intervallato solo dalle grida dei feriti e dalle voci dei superstiti che cercano i loro cari.
I morti sono tanti e la scala è teatro di una scena macabra, poco per volta si estraggono i morti da sotto le macerie e vengono allineati uno in fila all’altro come piccole tessere di puzzle su quella scala e permettere così il loro riconoscimento, da allora quindi la scala prende il soprannome di Scala della morte.
L’esperienza napoletana crea un legame indissolubile con i turisti come lo ha creato con lo scrittore Hans Christian Andersen tant’è che egli scrisse così:” Quando sarò morto tornerò a Napoli a fare il fantasma, perché qui la notte è indicibilmente bella”.
Ancora oggi nei pressi dei quartieri spagnoli si narra la storia di uno strano uomo in vesti ottocentesche che si aggira di notte tra i vicoli…