Cristo velato, tra leggenda e verità
Agosto 2020 * Lara Branchi *
“Anime sante anime purganti io so sola vuje site tante anime pezzentelle anime ‘o priatorio io so sul inta stu scurdorio" questa è una delle tante invocazioni che risalgono dal sottosuolo di Napoli, dove i vivi e i morti hanno un dialogo secolare, fede, preghiera e speranza danno vita a piccole consuetudini simbolo di un’umanità che non si piega alla sofferenza anzi nella sofferenza trova comunione e slancio verso la vita. Il sacro è talmente radicato nei napoletani da assumere ogni forma possibile, la fantasia del popolo sprigiona uno sforzo immaginativo che diventa una forma di arte collettiva.
Quest’arte si manifesta anche nella bellezza di dipinti e sculture come quelle della Cappella San Severo, dove il miracolo non è solo la resurrezione di Cristo ma anche il velo che lo ricopre, una sottile trasparenza che sembra mostrarne l’anima, perché per vedere l’invisibile e toccarlo con mano, è a Napoli che bisogna andare.
Raimondo di Sangro il settimo principe di S. Severo, di lui si dice volesse fare tutte le cose in modo grande e meraviglioso, la sua è una figura misteriosa capace di riunire sotto i suoi interessi molte discipline e teorie, la scienza la religione, l’arte la medicina e la massoneria, è un grandissimo personaggio del ‘700 napoletano, le sue scoperte scientifiche e le sue invenzioni nascondono si amore per la scienza ma anche una prepotente volontà di stupire lo spettatore con opere spettacolari, come in questo caso, il mausoleo di famiglia, la Cappella di San Severo.
Secondo la leggenda questo luogo sarebbe legato a due apparizioni della madonna, anno 1623 un uomo innocente passando in questo luogo per essere condotto in carcere vede un muro nel giardino del “di Sangro” cadere svelando l’immagine della Madonna, l’uomo promette di donare alla vergine una lampada d’argento e un’iscrizione in caso di scarcerazione, una volta assolto l’uomo mantiene la promessa e il luogo diventa meta di pellegrinaggio.
Il primo sito viene commissionato dal Duca di Torremaggiore Giovan Francesco di Sangro in seguito ad una guarigione raggiunta per intercessione della Madonna.
La piccola cappella si chiama inizialmente Maria della pietà o “Pietatella”, ad ampliarla è poi il figlio Alessandro di Sangro, patriarca di Alessandria che edifica un maestoso tempio votivo destinato ad ospitare le sepolture della famiglia.
Le dimensioni del perimetro, lo scheletro architettonico, e i 4 mausolei nelle cappellette laterali sono quindi arrivate ai giorni nostri, tutto il resto è opera di Raimondo di Sangro che nel 700 imprime alla cappella l’aspetto magnifico che oggi possiamo ammirare, a metà strada tra mausoleo nobiliare e tempio iniziatico.
Le opere al suo interno sono un tripudio di elementi tardo barocchi fusi con elementi della scuola napoletana del ‘600 come lo dimostra l’altare maggiore realizzato da Francesco Celebrano e Paolo Persico, ricche di patos e dirompenti nelle pose plastiche un vero capolavoro del poliedrico artista napoletano.
Particolare anche quello che resta della pavimentazione originale con intarsi marmorei che riproducono un labirinto
Altra sublime opera questa volta di Francesco Queirolo e il “Disinganno” dedicata al padre dal di Sangro, grande abilità dell’artista a riprodurre la rete con le sue maglie, lascia tutti meravigliati quasi increduli.
Ma il capolavoro scultoreo della Cappella S. Severo è l’opera posta al centro della navata il Cristo Velato, una delle immagini più potenti e famose dell’umanità, inizialmente l’opera doveva essere realizzata da Antonio Corradini, ma a causa della sua prematura morte, il di Sangro incarica il giovane scultore Giuseppe Sanmartino di realizzare un cristo morto a grandezza naturale, coperto da un sudario trasparente direttamente ricavato dallo stesso marmo con cui era fatta la statua.
Nel 1752 Sanmartino conclude l’opera e il risultato va oltre ogni aspettativa, lo stile tardo barocco anima il velo che si poggia sul corpo del cristo, la bellezza e il realismo del velo con quelle trasparenze quasi magiche hanno alimentato la leggenda che il Principe di S. Severo avesse marmorizzato la stoffa attraverso l’alchimia. Ma la leggenda non ha nessuna fondamenta i numerosissimi studi e le infinite analisi non lasciano quindi intravedere alcun dubbio e nei secoli non ha fatto altro che sottolineare la maestria e la grande bravura dell’artista