7 maggio 2023 * William De Biasi
L'antica distilleria venne fondata nel lontano 1832. Nel corso degli anni ha cambiato diverse volte nome e proprietario e fino a poco tempo fa produceva grappa, brandy e liquori famosi in tutto il mondo, oggi purtroppo tutto ciò non esiste più.
La distillazione avveniva sia con alambicchi tradizionali in rame, a vapore, sia con un impianto a ciclo continuo a vapore diretto, mentre le vinacce provenivano prevalentemente dal Piemonte
e dall’Oltrepò Pavese.
Con la crisi del primo dopoguerra e la crisi societaria in seguito alla prematura morte a soli 45 anni del Gambarotta, il nuovo proprietario, il siciliano Gaetano Inga, grazie all’autarchia fascista riuscì a risollevare la società fino allo scoppio della seconda guerra mondiale, lavorando anche i datteri provenienti dalle colonie italiane per produrre l'arrak.
Negli anni del boom economico l'azienda si risollevò e divenne una della più importanti d'Italia nella produzione della grappa, soprattutto della “Fine grappa Libarna”.
Nel 1958 riprese il nome originale e lo mantenne fino al 1978, iniziò quindi la produzione anche di altri distillati, nella speranza di risollevare le sorti della fabbrica che viveva una nuova crisi, infatti nel 1970 l'azienda aveva 130 dipendenti, nel 1986 i dipendenti erano solo quindici. Inoltre i fumi e le esalazioni rendevano l'aria irrespirabile sia dentro che fuori dalla fabbrica.
Il 4 dicembre 1993 nella distilleria si verificò un grave incendio
che distrusse l'essiccatoio.
La distilleria è rimasta attiva fino al marzo 2008 e prima di chiudere definitivamente i battenti, sembra che i dipendenti rimasti fossero soltanto in tre, ma i guai non sono ancora finiti, nello stesso mese ed esattamente il 6 marzo 2008 i quotidiani locali riportato la notizia del crollo di un muro adiacente all’autostrada.
Un declino quello della distilleria oramai inesorabile, culminato con il sequestro dell’intera struttura e che portò la fabbrica all'attuale situazione, un luogo oramai dimenticato da tutti o quasi.
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Oggi la fabbrica è stata dichiarata in stato di abbandono, quello che ieri era una delle leggende del “made in Italy” del Novecento oggi è racchiuso nei capannoni puntualmente saccheggiati
e depredati di tutto, anche se parte di quell'antica gloria, sembra non voler soccombere al tempo che inesorabilmente vuole cancellare tutto
Enormi quantità di bottiglie resistono sotto il crollo della struttura, mentre gli archivi ancora ne custodiscono la storia, sotto forma di giornali di carico e di scarico, bolle e documenti vari, un vero e proprio museo che andrebbe recuperato e conservato come memoria storica.
La fabbrica come sempre accade vuole sottrarsi all'avanzare della ruggine, che rende tutto insicuro e pericoloso, un giorno perderemo memoria anche di questo pezzo della nostra storia industriale, come è già successo per tante altre fabbriche.
Mentre ieri il celebre Amaro, già premiato all’esposizione nazionale di Torino faceva storia, oggi la fabbrica è diventata un dormitorio per disperati e senzatetto.
Riescono ancora a sottrarsi alla furia distruttrice dei vandali i laboratori da alchimista piccolo gioiello di quello che un tempo era un’eccellenza del territorio, che ha saputo creare lavoro e ricchezza per tutto il territorio circostante.
Da anni si parla di bonifica della zona, di rimozione dell’amianto; mentre si vocifera della sua completa cancellazione, lei lentamente agonizza nel ricordo di ciò che per tutti è stata.
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