5 marzo 2023 * William De Biasi
Venne istituita 1862, era la casa di pena “Saliceta”, le case penali comprendevano le case di forza a cui erano destinate le donne condannate ai lavori forzati e i condannati alla reclusione dai 5 ai 10 anni,
Si trovava a Saliceta San Giuliano, nel modenese, l’ultima casa lavoro rimasta oggi in Italia, un vero e proprio carcere a tutti gli effetti, con l’unica differenza che i reclusi anziché chiamarsi detenuti si chiamavano internati.
Nelle case lavoro venivano internate quelle persone che avevano commesso reati, avevano scontato una pena, e a cui il magistrato aveva applicato questa ulteriore misura di sicurezza perché considerate socialmente pericolose.
Queste misure di sicurezza avevano come obbligo il lavoro, come mezzo per arrivare al reinserimento sociale, ma nella realtà dei fatti mancavano progetti di lavoro effettivo e remunerato.
Di conseguenza le case diventarono a tutti gli effetti misure di sicurezza senza data finale certa, tanto che potevano essere prorogate fino a che il giudice di sorveglianza non ritenesse cessata la pericolosità sociale.
Veniva chiamato ergastolo bianco, una penitenza, anzi una angoscia che sapevi quando iniziava ma che poteva protrarsi a tempo indeterminato.
La vita in carcere come anche in queste strutture, aveva il compito di rieducare e risocializzare l’accusato, ma abbiamo mai provato a pensato a come doveva essere la vita in questi posti?
In questi posti la vita veniva privata di tutto, privacy e libertà con la conseguenza di esasperare gli animi dei detenuti.
Gli ultimi internati di Saliceta furono 63 uomini, persone che avevano compiuto reati legati alla criminalità e spesso tossicodipendenti.
Oggi nell’ex casa di lavoro regna solo il degrado, e i bivacchi dei senzatetto, invaso dalla vegetazione, e dichiarata inagibile venne abbandonata nel 2012 dopo il terremoto, oggi è preda di vandali, ladri e rifugio per sbandati, (da fonti certe risulta oramai definitivamente sgomberato e sigillato) ma se sistemata e reso agibile, risolverebbe il problema del sovraffollamento di altre strutture nella zona.
Si potrebbero organizzare uscite didattiche per le scuole, potrebbe essere un punto di riflessione per i giovani, perché entrare in carcere anche se da uomo libero, vi garantisco che è stata comunque un’esperienza davvero forte, un luogo buio, dove non esistono emozioni; gli unici colori sono il nero e bianco, gli unici rumori i cancelli che si chiudono alle tue spalle.
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