Vi veniva infatti collocata una gabbia, in veneziano “cheba”,
dove vi veniva racchiuso il condannato,
vittima delle beffe dei cittadini.
<- Venezia
4 Giugno 2021 * Lara Branchi *
E così anche per me è arrivata la tanto attesa tappa dei 40 anni!
Dove festeggiare? In un posto che col passare degli anni resta sempre un posto fra i più romantici del mondo, Venezia.
Partiamo carichi di una valigia mix, il tempo è ancora pazzerello e la vicinanza col mare rende Venezia ventilata e umida la sera...una felpa serve sempre.
Viaggio fra musica e quiz di Michael, arriviamo a Mestre e parcheggiamo la macchina al Parcheggio Gregory prenotato preventivamente proprio fronte stazione. Prendiamo il treno e dopo 15 minuti eccoci qua, la nostra Venezia.
L’Hotel al Vagon è quasi in centro, due minuti dal centro storico, ma la distanza dalla stazione non ci spaventa e armati di coraggio ci incamminiamo. La città di Venezia è abbastanza movimentata, un continuo saliscendi di ponti e ponticelli, una palestra a cielo aperto insomma.
Arriviamo al nostro Hotel ad una stella, a noi serve solo un punto per lavarsi e dormire, ma nonostante la sua unica stella la nostra camera è veramente bella, classico stile veneziano e vista sul canale, la adoro!
Cambio veloce e si esce per sondare il territorio. Due curve e due ponti ed ecco davanti a noi Piazza San Marco in tutto il suo splendore. Questo è l’unico posto degno di essere chiamato Piazza viste le sue dimensioni, anche perché tutte le altre Piazze qui vengono chiamate “campi”.
Precedentemente adibita ad orti e attraversata dal Rio Batario oggi viene considerato il “salotto europeo” dove fanno bella mostra i famosi e proibitivi Caffè Quadri, fondato nel 1755 e contrapposto il Caffè Florian. La gente non è molta e questo ci dà la possibilità di godercela nel suo totale splendore. Vediamo alla nostra destra il Campanile di San Marco chiamato affettuosamente El parón de casa e che visiteremo nei prossimi giorni. Piazza San Marco nasconde tanti misteri ma anche storie e leggende romantiche, non a caso è tra le città più romantiche del mondo.
A Venezia corre infatti l’usanza che alle giovani fidanzate, madri e mogli i Veneziani regalino un bocciolo di Rosa per la festa di San Marco che ricorre il 25 Aprile la “tradizione del Boccolo”
Narra appunto la leggenda che la figlia del Doge Vulcania e un umile lavoratore un certo Tancredi, fossero innamorati, un amore impossibile visto la loro diversa classe sociale, ed ecco allora che il giovane Tancredi per coprirsi di gloria va a combattere i Mori con l’esercito di Carlo Magno, la sua fama ben presto arriva in tutto il mondo ma spesso la fama è accompagnata anche da brutte notizie ed infatti il giovane Tancredi viene ferito mortalmente cadendo sopra ad un roseto. Prima di esalare l’ultimo respiro affida un bocciolo di rosa tinto di rosso con il proprio sangue a un amico, chiedendogli di consegnarlo alla sua amata come segno di eterno amore
Il giorno dopo la giovane fu trovata morta nella sua stanza con il bocciolo di rosa stretto al petto, era appunto il 25 Aprile e da allora in segno di amore eterno viene ripetuto il gesto con il dono alla amata di un bocciolo di rosa rosso.
Ma il romanticismo di una leggenda stride con la storia che sto per raccontarvi…
Guardando frontalmente il Palazzo Ducale nella parte alta del loggiato si notano due colonne di colore diverso, esse sono infatti realizzate in marmo rosso anziché bianco, si dice che il Doge si sedesse proprio lì durante le cerimonie pubbliche, ma questo era anche il luogo delle pubbliche esecuzioni.
Vi veniva infatti collocata una gabbia, in veneziano “cheba”,
dove vi veniva racchiuso il condannato,
vittima delle beffe dei cittadini.
Procediamo verso il mare lasciandoci alle spalle queste storie tristi e ci ritroviamo ad ammirare il ripetuto e romantico dondolio delle Gondole, di fronte a noi le due Colonne di Venezia, quella di San Marco e di San Todaro. Le colonne in marmo bianco e granito rappresentano l’accesso alla piazza per chi viene dal mare e la leggenda narra che inizialmente fossero tre, bottino di guerra provenienti da Costantinopoli, una delle tre colonne si inabissò misteriosamente senza poter essere più recuperata e lì ancora giace in attesa di tornare a splendere.
Lo spazio tra le due colonne era uno spazio adibito ad esecuzioni capitali già a partire dal XVIII secolo difatti tra i veneziani c’è l’abitudine scaramantica di non transitare attraverso i due pilastri, anzi ne deriva anche un modo di dire tipico “Te fasso veder mi, che ora che xe" (ti faccio vedere io, che ora è) ciò proviene dal fatto che il condannato a morte dando le spalle al mare vedesse proprio la Torre dell’Orologio. La zona era anche zona franca ovvero l’unica dove era permesso il gioco d’azzardo, privilegio concesso a Nicolo Barrettieri, costruttore del ponte di Rialto, come ringraziamento per aver issato con tecniche particolari le colonne rimaste per molto tempo a terra, senza assolutamente spezzarle.
Ormai si è fatta sera e la stanchezza del viaggio inizia a farsi sentire, decidiamo di mangiare una pizza veloce alla pizzeria 56zerootto di fianco l’Hotel! Pessima scelta!! Ma meglio sorvolare.
Andiamo a dormire relativamente presto, abbiamo ancora il coprifuoco, quindi alle 23 tutti in stanza. La nostra finestra da su una via fronte canale, restiamo lì per una buona mezz’ora ad ammirare la vita notturna dei Veneziani, che resta per me, sempre la più romantica.
La sveglia suona alle 7, ci prepariamo e usciamo, è ora di nutrire il nostro corpo.
Oggi la destinazione è uno dei gioielli nascosti di Venezia, parlo della Scala Contarini del Bovolo, navigatore in modalità “a piedi” e ci incamminiamo,
Venezia è come un labirinto, ogni ponte apre squarci che sono assolutamente da fotografare ma il problema è che un ponte assomiglia ad un altro e per noi è molto facile perdersi. Arriviamo alla nostra destinazione, siamo i primi ed unici per ora. Questo ci permette di goderci questo eclettico gioiello e fare foto senza turisti. Non so voi ma a me ha subito fatto venir in mente la Torre di Pisa, 80 gradini monolitici in pietra d’Istria per un’altezza di 26 mt. Uno stile non definito a metà strada tra il gotico e lo stile bizantino, Pietro Contarini proprietario del palazzo decide di adornare la propria dimora di una scala a chiocciola di una bellezza tale che un ramo della sua famiglia venne appunto chiamato “del Bovolo” che in veneto significa appunto a chiocciola.
Dopo ogni scalino ammiriamo il panorama, le molteplici torri, campanili, cupole, che per gioco arrivati in cima io e Michael contiamo. All’interno poi del palazzo alla loggia del secondo piano possiamo ammirare la sala del Tintoretto con il bozzetto del “Paradiso” visibile a Palazzo Ducale, pochi minuti per goderci il panorama e si riscende.
Un'occhiata veloce all’orologio e ci accorgiamo che si sta avvicinando l’ora per la nostra visita al Palazzo Ducale. Rimpostiamo il navigatore e via. Poco dopo arriviamo, fila con le varie procedure Anticovid ed eccoci, entrati. Queste enormi stanze, perché dire grandi non basta, tutte ricoperte di legno, che rendono questo luogo signorile anche se allo stesso tempo molto pesante e triste.
Incominciamo il percorso guidato, attraversiamo le varie sale, leggendo con Michael tutte le informazioni possibili. Sala dopo sala, dipinto dopo dipinto arriviamo alla sala più attesa per Michael, quella dell’armeria. Lì lo perdiamo, nel senso figurato della parola. I suoi occhi curiosi colgono i particolari di tutte le spade, gli scudi, le lance, le armature, le sue parole appena sussurrate raccontano di questi coraggiosi cavalieri, di come avessero potuto usarle e di cosa sarebbe potuto succedere. Io resto affascinata dalla sua fantasia, come sono speciali gli occhi di un bimbo, che non vedono il male, ma solo una grande forza nelle battaglie.
A fatica riusciamo a staccarlo e oltrepassare tutte le stanze delle armi, Michael si sarebbe fermato lì, ma abbiamo ancora molto da visitare. Proseguiamo ammirando la maestria di questi spazi, arriviamo alla sala del Maggior Consiglio. Qui veniamo rapiti da questo unico, in tutti i sensi, gigantesco dipinto “il Paradiso” opera del grande pittore Tintoretto anche le pareti laterali lo sono, per non parlare del soffitto. Restiamo a bocca aperta e col naso all’insù, per molto tempo.
Ci riprendiamo gli occhi, che ormai rapiti dalle scene rappresentate, pensavano di essere fra i protagonisti dei dipinti. E proseguiamo il tour, arriviamo a visitare la parte più buia del palazzo. Passiamo sul Ponte dei Sospiri, lo attraversiamo dall’interno e percorriamo gli stessi passi dei condannati. Ci fermiamo davanti a quella grata di cemento, cerchiamo di sbirciare fuori da quei piccoli spiragli, spontaneamente tocco le grate, che mi trasmettono tristezza. Quanti occhi per l’ultima volta hanno visto quel mare, e quanti pensieri e sospiri di speranza sono usciti da quegli spiragli per raggiungere il vento che in un attimo li ha portati via.
Costruito in Pietra d’Istria nel classico stile Barocco volutamente chiuso per evitare ogni via di fuga mette in collegamento la sala della magistratura con le nuove prigioni, una curiosità: sapevate che uno dei pochi a riuscire a scappare dalle prigioni fu Giacomo Casanova, il grande Dongiovanni?
Con quel pensiero triste ci avviciniamo alle prigioni sotterranee, qui la temperatura è molto fresca e la luce artificiale rende tutto più cupo. So che è un controsenso, ma sono meravigliose nella loro tristezza, accarezzo i muri, penso a com’era la vita quotidiana dei prigionieri, curiosa, inquieta e ansiosa, mi lascio distrarre dall’innocenza di Michael che ingenuamente cerca di entrare e sbirciare il più possibile fra le celle. E passato un bel po’ di tempo, è giunta l’ora di salire in superficie e di rivedere la luce, togliere i pensieri bui, e colorarli di vita. La nostra visita è finita, e come al solito la nostra curiosità ci ha trattenuti più del dovuto.
All’uscita del Palazzo Ducale, Will ci fa notare due colonne, che racchiudono una forte carica esoterica legando la città di Venezia ai miti e alle leggende dei Cavalieri Templari di cui restano vive testimonianze impresse nei muri della città.
Inizialmente si pensava provenissero dal tempio di San Saba a San Giovanni d’Acri, invece la difficile interpretazione delle loro simbologie con monogrammi egizio-siriaci le collocherebbe addirittura nell’antica Costantinopoli, misteri a parte c’è chi crede che le due colonne possano essere un portale, una sorta di passaggio per un’altra dimensione, altri invece ci vedono una simbologia Massonica, il mistero resta ancora irrisolto!
Ora abbiamo, o forse ho bisogno di alleggerire la testa, decidiamo di farci il classico giro in Gondola. Troviamo una coppia di gondolieri simpaticissimi e gli diamo fiducia, pronti e via, saliamo.
La navigazione è molto romantica, cambio di tanto in tanto il mio cavaliere. Il nostro gondoliere ci fa da cicerone descrivendoci i vari luoghi della nostra navigazione, passiamo anche sotto la casa dove abitava il famoso Casanova.
Nato a Venezia la sua vita fu alquanto disordinata, personaggio ambivalente accusato di libertinaggio, grande amante delle donne fu anche esponente della Massoneria e questo non piaceva all’ inquisizione che tentò comunque più volte di arrestarlo.
Il nostro giro è terminato, spensierato e ondeggiante. Ora decidiamo di spostarci a vedere un magnifico palazzo situato sul Canal Grande . La maledizione del palazzo fin dalla sua costruzione ha portato tutti a suicidarsi, a morire di morte violenta o a finire in bancarotta. Dalla figlia del costruttore passando per personaggi famosi come il manager degli Who e Raul Gardini morto appunto suicida dopo il caso Tangentopoli.
Dall’anno della sua costruzione nel 1479 ben 9 persone proprietarie del palazzo morirono, noi lo vediamo di fronte e da lontano, divisi dal Canal Grande , che sia davvero stato costruito su un cimitero dei Templari? Avvolti e affascinati da questo mistero decidiamo di ritornare all’Hotel. Doccia, mezz’ora di riposo e ci prepariamo per uscire a cena. Qui voglio soffermarmi un attimo, data la pessima avventura di ieri sera, capiamo che è meglio affidarsi a Tripadvisor, prima di trovarci di nuovo a mangiar pessimo cibo. Camminiamo fra le vie e le botteghe di artigianato locale che si alternano ai Bacari dove gustare ottimi cichéti e la mia attenzione viene colta da un gigantesco piatto di antipasto di mare posato su un’alzatina al centro del tavolo. Fermo Will e insieme decidiamo, dopo un consulto on line positivo, di fermarci li. Il ristorante è La Busara E veniamo accolti da una cameriera super attenta e sorridente, poco dopo arriva il proprietario, Marco, che ci illustra e consiglia il menu. Consiglia anche il nostro piccolo ometto, gesto molto apprezzato. Ottima cena, e intrattenimento da parte di Marco favoloso, un uomo che sa fare il suo lavoro e che sa stare con la gente, sarà il nostro ristorante di fiducia per la nostra breve permanenza qui.
Con la pancia piena e soddisfatta ritorniamo verso l’Hotel, la nostra giornata è finita, stanchi ma felicissimi.
Purtroppo per noi è arrivato l’ultimo giorno e di cose da vedere ce ne sarebbero tantissime, oggi decidiamo di salire sul Campanile San Marco . Io e Michael siamo un po' ansiosi, la torre è molto alta. Per arrivare in cima non ci sono scale ma un ascensore. Saliamo in un attimo, le porte dell’ascensore si aprono e lì il cuore in gola, una vista mozzafiato, difficile da descrivere ma da vedere con i propri occhi. Ci fermiamo un po’, ammirando i vari panorami dalle varie angolature e ci imbattiamo anche nel momento in cui le campane suonano, melodico, ma forse troppo rumoroso.
Scendiamo e ci rifacciamo un giro in Piazza San Marco, siamo partiti con un idea divertente, il tanto rinomato Caffè in Piazza , possibile solo a chi ha un portafoglio ben fornito. Quindi da pazzi come siamo, in valigia abbiamo messo una moka, due tazzine, che ora sono nel nostro zaino, stamattina abbiamo fatto del caffè e messo in un termos, ed ora ci gustiamo IL CAFFÈ in Piazza San Marco ma alla nostra maniera. Perché ci sono regole che puoi non seguire, ma altre cose, puoi interpretarle a modo tuo. Perché siamo tutti cosi uguali ma cosi fottutamente diversi, scusate il mio francesismo!
Perseguiamo, vogliamo rivedere con più calma il Ponte di Rialto , dista pochissimo da dove siamo, eccolo in tutto il suo splendore ci saliamo e ci fermiamo a metà ponte, guardiamo l’orizzonte.
Se un patto col Diavolo farai,
il tuo debito prima o poi pagar dovrai
All’ingresso dei Giardini della Biennale è collocata la statua dell’Eroe Risorgimentale ; la leggenda nacque tanti anni fa nel 1921 quando un signore passando in zona fu letteralmente strattonato da un ombra rossa, all’inizio schernito, i casi si ripeterono fino a quando qualcuno riconobbe in quella strana figura che di tutti si burlava “Giuseppe Zolli” eroe garibaldino che aveva giurato fedeltà anche dopo la morte all’eroe dei due Mondi.
E fu così che i cittadini eressero nei pressi una statua bronzea con le fattezze di Zolli, da allora la presenza del fantasma sembra essere svanita, ma chi lo sa se volete avvicinarvi magari…
La nostra giornata sta per finir ma non prima di un’altra curiosità.
Narra la leggenda di un ricco mercante orientale che dovendo partire per Venanzia, decise di ornare il suo nuovo palazzo con un bassorilievo raffigurante un cammello e cammelliere , così da renderlo riconoscibile in mezzo a tanti.
Io dunque parto con il cuore straziato e cercherò di dimenticarti,
ma, se un giorno alfine vorrai raggiungermi a Venezia,
ti sarà sufficiente chiedere dove si trova la casa del cammello
A proposito di quando si parlava dei condannati a morte che si giravano verso l’orologio…viene chiamata Torre dei Mori ma la Torre dell’Orologio nasconde un segreto, secondo per fama dopo il Big Ben l’incarico per la sua costruzione venne affidato ad una famosa famiglia di orologiai la Famiglia Rainieri. Si narra che purtroppo una volta terminato il capolavoro il Maggior Consiglio ordino di accecare i due ideatori padre e figlio al fine di evitare che potessero replicare l’opera.
Purtroppo non è visitabile in maniera diciamo “libera” ma solo per ristrettissimi gruppi e su prenotazione
Qui finisce il nostro weekend, fra le romantiche vie di Venezia, ed i suoi dieci misteri. Ed inizia la mia avventura da quarantenne.