E forse alla fine, la memoria si trasformerà in una grande sala con gli orologi fermi sulle distinte ore in cui siamo stati felici.
27 ottobre 2024 * William De Biasi
E forse alla fine, la memoria si trasformerà in una grande sala con gli orologi fermi sulle distinte ore in cui siamo stati felici.
Salendo al piano di sopra, veniamo accolti da un’altra camera, anch'essa avvolta da un velo di malinconia. Un vecchio baule, coperto di polvere, aspetta di essere aperto. Chissà quali sogni racchiude al suo interno? Quanti desideri inespressi, quanti amori perduti, quante speranze adagiati tra tessuti invecchiati? La curiosità ci spinge a sfiorarlo, ma l’idea di rompere questo equilibrio ci frena. Ogni attimo trascorso in questa casa silenziosa è un invito alla riflessione.
In un angolo, un piccolo divano è testimone della tristezza dell’abbandono. La sua tappezzeria consunta racconta di serate passate, risate in famiglia, pianti e riconciliazioni. Qui, la solitudine è tangibile; sembra persino che gli angeli, dipinti su un quadro appeso al muro, ci osservino con volti rassegnati. Le loro espressioni, un misto di tristezza e serenità, sono un richiamo alla bellezza della vita che è stata, ma anche un monito all'inevitabile scorrere del tempo.
Ogni passo che facciamo risuona nella casa come un eco distante, richiamando il passato, un passato che si è disfatto e dissolto come sabbia tra le dita. Attraverso le stanze, sentiamo i ricordi avvolgerci come una coperta logora, calda ma pesante. Il vento che si insinua attraverso le fessure delle finestre sembra portare con sé le voci di chi è stato qui, le risate di bambini, i racconti dei nonni.
Un disco, ancora sul giradischi, emana un silenzio carico di musica spezzata. Le note, imprigionate da tempo, ci sembrano familiari. Erano brani di amori e addii, melodie che suscitavano balli e sogni. Accanto, alcune audiocassette, impolverate e dimenticate, custodiscono ricordi sonori incisi nel tempo. Anch'essi bloccati nell'eternità di un passato che non può essere rivissuto.
Ogni angolo di questa casa racconta di un tempo andato, di vite intrecciate e di storie troncate. La tristezza dell’abbandono riempie l’aria, ma non solo; c’è anche una strana bellezza. È come se gli oggetti stessi, pur privi di vita, ci stiano narrando la loro storia con un linguaggio tutto loro. La casa, pur silenziosa, è viva; vive dei suoi ricordi, vive di chi l’ha abitata e di chi, come noi, entra ora in punta di piedi.
Mentre ci allontaniamo, un senso di rassegnazione ci pervade. Le porte si chiudono dietro di noi, ma la casa rimane. Congelata nel tempo, custode di storie e di emozioni, simile a un libro chiuso, nelle cui pagine è racchiuso un mondo intero. Il nostro cuore si stringe al pensiero di ciò che è stato e di ciò che non ritornerà mai più, ma un’altra verità emerge: anche nel silenzio più profondo, la casa resta un testimone di vita, un monumento alla memoria.
Incredibile sei arrivato fin qua...!
Complimenti e grazie per aver letto il mio articolo. Se ti chiedi perché non fornisco indicazioni dettagliate su molti dei posti che visito, beh, devi sapere che purtroppo questi luoghi vengono presi di mira da vandali, ladri e rigattieri.
Si vuole evitare quindi che ciò possa succedere. Spero che tu capirai.
Scopri di più sull’esplorazione urbana nella mia sezione “URBEX e LA SUA STORIA”
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