23 marzo 2025 * William De Biasi
C’è una stanza che il tempo ha quasi dimenticato, nascosta tra le mura sbiadite di una villa che un tempo doveva brillare di vita. La chiamano la Stanza del Dragone, un nome che sfugge alla memoria collettiva ma che resiste, sussurrato tra chi si avventura tra i suoi corridoi polverosi.
Il soffitto, con le sue decorazioni intricate, mostra ancora ombre di un passato fastoso: linee dorate che si intrecciano, figure lontane che ricordano un Oriente immaginato più che vissuto. Il lampadario pende ancora, come un cuore fermo, incapace di pulsare di luce. Le pareti, affrescate con scene di viaggi esotici, raccontano di carovane e pagode, di uomini in abiti antichi intenti in rituali scomparsi.
E poi c’è la luce. Una luce soffusa e obliqua, che filtra attraverso le finestre a vetri colorati, tingendo la polvere di rosso e oro. È una luce che sembra trattenere i sussurri del passato, lasciandoli sospesi nell’aria.
La leggenda del dragone dormiente
Si dice che questa stanza fosse il rifugio segreto di un uomo venuto da lontano. Un mercante? Un nobile esiliato? Nessuno lo sa con certezza. Ma i vecchi raccontano che qui dimorava un uomo che portava con sé la saggezza dell’Oriente, un uomo che non parlava mai del suo passato ma che, ogni notte, sedeva accanto alla finestra, guardando la luna attraverso i vetri rossi.
Dicono che fosse un artista, che conoscesse i segreti dell’inchiostro e del pennello, e che sulle pareti della stanza avesse dipinto la sua nostalgia. Ma una notte, senza un addio, sparì.
I domestici lo cercarono invano, ma trovarono solo un dipinto nuovo, apparso misteriosamente sulla parete accanto alla finestra: un dragone avvolto tra le nuvole, con occhi dorati e la bocca socchiusa, come se sussurrasse qualcosa di dimenticato
La villa venne abbandonata con il tempo, ma chi vi entra ancora oggi giura di sentire un brivido sottile quando si avvicina alla finestra. Alcuni dicono di aver visto le ombre muoversi sulle pareti, come se il dragone non fosse solo un dipinto, ma qualcosa di più.
Il respiro della solitudine
Oggi, la Stanza del Dragone è un luogo silenzioso, fermo in una malinconia senza fine. I divani polverosi, un tempo testimoni di conversazioni sommesse, ora non sostengono altro che il peso degli anni. Il pavimento in legno scricchiola sotto i passi di chi osa entrare, come se la casa sussurrasse il suo disappunto per l'intrusione.
Eppure, chiunque si fermi qui per un istante avverte qualcosa. Una presenza? Un eco del passato? Forse solo il ricordo di una bellezza che non voleva svanire.
La leggenda dice che il dragone non è scomparso, ma dorme ancora nelle ombre della stanza, aspettando che qualcuno lo risvegli. Forse basterebbe accendere di nuovo il lampadario, lasciare che la luce illumini l’antico affresco e sussurrare un nome che nessuno più ricorda.
Ma nessuno ha mai osato farlo.
E così la Stanza del Dragone rimane immobile, sospesa tra sogno e dimenticanza, aspettando che qualcuno ascolti i suoi sussurri.
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